Recensioni

RECENSIONE DI GIANFRANCO BARCELLA
AL LIBRO DI FRANCA MARIA FERRARIS E CRISTINA SOSIO
“AQUILIUS E LA STIRPE DEL DRAGO”,
De Ferrari Editore2011

Sono lieto di recensire l’ultima fatica letteraria di Franca Maria Ferraris che, assieme a Cristina Sosio, ha pubblicato per i tipi dell’editore De Ferrari il libro intitolato “Aquilius e la stirpe del drago”, impreziosito dalle illustrazioni e dalla grafica di Cristina Sosio.
È un’opera indirizzata prevalentemente ai lettori più giovani; entra pertanto, a pieno titolo, nella ‘letteratura per ragazzi’. Occorre precisare che l’espressione ‘letteratura per ragazzi’ fa riferimento a un vasto numero di opere e di generi letterari che, in qualche modo, si ritengono adatti ad un pubblico di bambini e di fanciulli. Si parla, dunque, di testi pensati esplicitamente per la lettura da parte dei giovani e notoriamente apprezzati da loro, ma non sempre è stato così. Vi sono state opere come “Il principe e il povero” o “Huckleberry Finn” di Mark Twain, che sono state molto apprezzate dal pubblico dei più giovani anche se pensate per gli adulti. “Alice nel paese delle meraviglie”, al contrario, fu concepito come storia per bambini, ma viene generalmente considerato più adatto soprattutto a un pubblico adulto. Solitamente tali opere sono accomunate dai loro contenuti morali, intrinseci alla loro natura letteraria. La loro vocazione è quella di veicolare messaggi potenzialmente educativi. Anche in questo caso, si possono esprimere riserve su alcuni titoli. Questo tipo di letteratura è caratterizzata, unica certezza, dal binomio inscindibile autore- illustratore. Parlando di illustrazioni, ci addentriamo in un campo vasto come il mare, dove spesso operano illustratori, grafici o pittori assai noti per le loro opere, di cui non si conosce alcun dato biografico. Cerchiamo di colmare almeno questa lacuna. Franca Maria Ferraris con le sue opere di poesia e narrativa ha già catturato numerosi lettori. Citiamo, tra le altre: “Di Valbormida il cuore”, poesia, 1997, 2° ed. 2002 e “Le parole del mare” prosa e poesia, 2005. Tutta la sua esistenza è un esempio di fedeltà alla letteratura e alla poesia, fedeltà che è, ancora e soprattutto, fiducia e speranza nel bello ‘come l’agave che s’aggrappa al crepaccio dello scoglio’ (Montale). Ho sempre ammirato la scrittura della Ferraris, intimamente metafisica, e con una ricca tensione etica. Cristina Sosio, ha arricchito il volume con un corredo iconografico di pregevole fattura. Bibliotecaria di professione e pittrice per vocazione, è laureata all’Accademia Ligustica di Belle Arti. È specializzata in arti visive e discipline dello spettacolo. Ha già curato la veste grafica di alcune pubblicazioni tra le quali “Vie storiche del Quilianese”, 2009, e “Le storie di Dragoleo”, 2010.
Ed ora veniamo al libro in questione. Vi si narra la storia della stirpe di Aquilius il Drago, che per i suoi numerosi meriti e acclarate virtù, è stato nominato Drago Mago. Ha una grande dote: quella di fermare il tempo. Chi è padrone del tempo può percorrere la storia a suo piacimento e ignorare ciò che i Latini affermavano con grande saggezza ‘ruit ora’. Anche lui, però, è soggetto al momento in cui nel sole dell’amore tutto rifiorirà e si ricomincerà a rivivere. La storia narrata è ammaliante e avvincente, anche perché è simbolicamente descritto l’eterno conflitto fra il bene e il male, incarnato quest’ultimo, dal cattivo Mago Norum e dalle sue Forze Occhiute. Egli imperversa su Aquilius con malefici di ogni sorta. Lotteranno contro lui anche i Gatti Sapienti, che prenderanno coscienza di essere essi stessi i discendenti di una stirpe, come lo è ogni creatura di questo mondo. Accanto a loro, combattono per il bene il Drago Aquilius, detto anche Draghetto, i due ragazzi Ottavia e Max, gli elfi, le fate e le streghe. È veramente di pregio questa intuizione dell’autrice in merito alla stirpe felina. Già Baudelaire affermava che i gatti hanno caratteristiche superiori che ammaliano la sensibilità dei poeti. Lasciamo ai lettori maggiorenni e minorenni l’opportunità di addentrarsi nell’intrico di questa vicenda sempre appassionante e avvincente, che presto, ne siamo certi, avrà un seguito. Abbiamo parlato nell’incipit di fatica letteraria, ma scorrendo le pagine del libro, si scopre che per Franca Maria Ferraris scrivere è un piacere infinito, come per Cristina Sosio lo è il dipingere.

 (Gianfranco Barcella)


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“Favola” è parola antichissima. Ha origine dal verbo greco “fari” che significa “parlare”. Come e a chi? Nella pratica comune è un parlare figurato ad uso soprattutto dei bambini perché usa un codice colorato e ingenuo (alle volte solo apparentemente ingenuo) che annulla i confini della comprensione imposti dal linguaggio e apre il dialogo con ogni oggetto dell’esperienza, animali, piante, cose e li induce a parlare in tono volutamente infantile e stereotipato (chissà poi perché! Chi ci autorizza a pensare che i bambini abbiano davvero quel linguaggio zuccheroso? E se fossimo noi ad imporglielo, noi adulti in ritardo?).


Ma non è stato sempre così; non soltanto fatine ed orchi! Esopo e Fedro erano dei moralisti che adoperavano i supposti pensieri degli animali come maschere per parlare agli uomini e degli uomini. Inoltre, la funzione fabulatrice si fa ben presto mito, ovvero codice immediato e colorito con cui si veicolano,per virtù di fantasia, eventi e verità storiche, e questo a partire dai classici greci fino alle grandi scrittrici del Novecento italiano, Elsa Morante e Annamaria Ortese, che rivestono (ma è una veste corta corta) di favola le crudissime realtà di quel secolo.


Ad esse contemporanei, gli studi assolutamente innovativi di Vladimir Propp sulle radici storiche dei racconti di fate e sulla morfologia della fiaba, oltre che a trasportare i bagagli di una metodologia culturale serissima e profonda in un campo che consideravamo “leggero”, hanno definito per sempre la metodologia dello strutturalismo in quanto di duraturo del movimento rimane.


Ogni libro di favole è,per definizione, ambiguo, perché scritto da adulti per una audience di fanciulli (o no?). Magistralmente ambiguo è l’archetipo di questo tipo di produzione artistico-letteraria: “Le petit Prince” del non certo fanciullo Saint-Exupéry.


Ambiguo, nel senso originale del termine,”doppio” e non in quello peggiorativo dell’uso comune, e in due sensi è il libro “freschissimo di stampa”, appena appena nato che l’illustratrice (Cristina Sosio) e la scrittrice (Maria Franca Ferraris), loro assai ben acculturate, hanno scritto per un pubblico, a sentir loro, di “semplici”.


Due i linguaggi della “bella fabella”, quello delle bellissime, fantasiose e ricche illustrazioni e quello del fluidissimo ed esperto dire prosastico; due i destinatari del volume (che si raccomanda anche per nitidezza e bellezza grafica!): i bambini sì, ma anche noi adulti, attratti dall’elegante, magistrale fluidità dell’insieme e,ancora, due i mondi che vi si incontrano, un sottofondo storico assai accurato e teneramente insistito, anche nella precisione “realistica” del paesaggio, dalla quilianese Cristina e un libero sfogo, divertito ed un poco incredibile in due persone “colte”, nella fantasiosa incarnazione di tempi e vicende millenarie nelle “creature”-supporto delle favole come fantasmi,elfi e draghi.


Le coautrici hanno lavorato fisicamente insieme, con scambi di idee-progetto che immagino subito condivise ed attuate su pagina e tavola, in una simbiosi che è ben raro riscontrare. Non c’è stata, come sempre accade, la primazia del testo e, a seguire, l’illustrazione: il tutto è nato in una specie di calor bianco che indica una continua, amichevole intesa, senza sopravventi o disattenzioni.


Lavoro per bambini, ma svolto da ottime operatrici adulte. E si sente subito. Da un lato la precisione affettuosa del disegno che rileva luoghi a lungo percorsi e amati; dall’altro uno scrivere esperto (Maria Franca ,ben nota alla cultura savonese, è autrice di molte opere) che si è lasciato alle spalle temi esistenziali e civili per assumere un ruolo sorprendentemente fluido, da animatrice-in-punta-di-piedi che fa raccontare la “storia” alla bambina Ottavia. Nel nuovo linguaggio, che si fa colorito come le tavole, sorprendenti per netta ed ispirata bellezza, la partner-scrittrice mescola latino, inglese, francese, dialetto (indimenticabili le mele carpèndule per spiegarci l’etimo del Pomo quilianese), battute da ragazzi ed assoluta precisione! – in un linguaggio-gergo per lei nuovo e scorrevolissimo.


Non si racconta, certamente, il plot della favola: è una rapsodia di temi della storia di Quiliano dall’età romana a due ragazzi di oggi, sempre appoggiata su dati certi, su reperti d’archeologia che Cristina, con le sue “passioni” di pittrice e di bibliotecaria conosce come se stessa, ovvero su una griglia su cui far agire la fantasia,ma non sfrenata. La barra del navigar per mare di favola è sempre saldamente nelle mani delle due autrici.


Buona lettura,dunque; buon caleidoscopio di immagini, qualche volta d’amor struggente come la mappa di Quiliano che è una mappa del cuore.


 E buona riflessione per adulti: il Drago che sa tutta la storia perché si ricompone di continuo, ma solo ad opera di persone davvero persone.


Sergio Giuliani